Non è possibile
affermare che esista una tecnica standard relativa
all'arco lungo ricavato da un solo pezzo di legno;
non vi sono scritti medievali ai quali riferirsi.
Ciò che troverete qui scritto è frutto
di studi su quanto scritto sull’argomento dal
Medioevo ad oggi, di deduzioni e di esperienza. Lo
scopo che dobbiamo prefiggerci è quello di
raggiungere una "fusione totale con l'arco".
L'arco è solo un pezzo di legno che, tagliato
e sagomato seguendo le direzioni naturali del legno,
riesce a esprimere tutta la potenza dell'arciere (e
del legno).
Quindi, mentre l'arciere
trasmette al legno tutta la sua potenza tramite una
serie di movimenti fluidi; l'arco, dal canto suo,
se messo nelle condizioni ideali, trasmette alla freccia
tutta la potenza accumulata; la freccia, carica di
tutto questo, porta la sua cuspide sul bersaglio.
Come trasmettere
potenza all'arco?
Come lasciar esprimere
potenza all'arco?
Come tutta questa
energia viene portata dalla freccia nel modo ideale?
Cercheremo di scoprirlo
insieme.
L'arco spinge la freccia
per mezzo di una serie di forze che riesce ad esprimere.
Flessione dei flettenti:
i due flettenti si piegano, e il loro ritorno permette
la spinta. L'aggiunta dei puntali di corno, oltre
che avere l'effetto di protezione dallo sfregamento
della corda sulle punte dell'arco, avrà lo
scopo di smorzare le vibrazioni della forte spinta
sul materiale naturale ligneo.
Il nostro antenato arciere,
usando solo il legno e studiando l'abbinamento linea
delle vene-disegno dinamico fece raggiungere all’arco
la spinta massima senza appesantire troppo l'attrezzo.
L'ultimo problema erano
(e sono anche oggi) le rotture. Escogitò un
sistema di misurazione per determinare la lunghezza
dell’arco: l'altezza dell'arciere più
un pugno. In questo modo diminuì le rotture.
Visto però che
l'altezza poteva essere in disaccordo con la lunghezza
delle braccia, definì un’altra regola:
misura dell'apertura delle braccia più la distanza
punta del mento-centro della nuca.
Ora, dopo aver messo
a punto il nostro arco, prima di vedere come l'arciere
riuscirà ad ottenere il massimo dal suo attrezzo,
diamo uno sguardo alle frecce.
Nel passato, venivano
usate frecce ricavate dal pioppo, dalla betulla, dall'acero
e da altri tipi di legno che non avevano molte proprietà
elastiche come il cedro americano (o il tiglio, o
il ramino) usato dagli arcieri moderni.
Eppure funzionavano
benissimo, senza troppi problemi. Se dovesse invece
usarle un arciere moderno sarebbero problemi molto
seri. Questo discorso è ovviamente legato al
modo corretto di usare l'arco.
Vediamo ora l'elemento
più importante ai fini del tiro: l'arciere.
La forza di chiusura
dell'arco viene trasmessa alla freccia dalla corda
messa in tensione; l’arco accumula questa e
restituisce tutta l'energia accumulata alla freccia.
Il compito della freccia è ricevere e trattenere
tutta questa energia perdendone il meno possibile
durante la fase iniziale del volo.
Perché durante
la fase iniziale?
Durante questa prima
fase l'energia è talmente alta che scaricandosi
di colpo sull'asticciola della freccia tende a deformarla;
questa deformazione obbliga la freccia a sprecare
energia per rimettersi in linea per poi continuare
il volo nel modo corretto. Per riportarsi in assetto,
dovrà naturalmente sprecare parte della sua
energia propulsiva. Nel secolo scorso si è
in parte ovviato al problema creando una finestra
di passaggio sul lato dell'arco, con lo scopo di evitare
lo sfregamento dell'asticciola sul fianco dell'arco
e utilizzando per le frecce un legno in grado di aumentare
l'elasticità dell'asticciola. Si sono inoltre
aggiunti all'arco materiali sintetici di grande elasticità
e tenuta, così da poter assottigliare l'arco
nella parte centrale. Ma a questo punto il problema
è: COME FU POSSIBILE AL NOSTRO ANTENATO CORREGGERE
QUESTO INCONVENIENTE SENZA ASPORTARE UN PEZZO DI LEGNO
DALL'ARCO?
La risposta è:
STUDIANDO LA POSIZIONE DI ANCORAGGIO DOPO IL CARICAMENTO
DELL'ARCO.
L'aggancio della freccia
dopo il caricamento dell'arco deve formare una linea
diritta cocca-asticciola-punta-bersaglio. Scoccando
in questo modo, l'arciere metterà la freccia
in condizione di dover sopportare il meno possibile
questa torsione sull'arco. E' evidente che per fare
tutto ciò la testa non dovrà più
essere completamente rivolta verso il bersaglio, ma
leggermente inclinata, così da obbligare l'arciere
a guardare il bersaglio con gli occhi spostati sul
lato delle orbite. Da questa posizione caricherà
l'arco e arriverà ad incoccare esattamente
alla bocca, cercando addirittura di appoggiare la
corda alla punta del naso che a contatto con la corda
si dovrà schiacciare.
Nello stesso momento
il pollice della mano di tensione dovrà incastrarsi
sotto la mascella dell'arciere, così da bloccare
la mano fino al rilascio. Il braccio che impugna l'arco,
prima del rilascio, dovrà bloccarsi fino all'uscita
della freccia. Tutto in questa fase è importante.
Le dita che tengono
la freccia hanno una funzione importantissima. Il
dito indice ha il compito di formare una parte della
pinza di tenuta sulla cocca della freccia ma, soprattutto,
di dare il contatto di posizione all'arciere.
Quando l'indice si posizionerà
in mezzo alle labbra, il pollice si incastrerà
alla mascella, il naso sulla corda, e così
via. Il dito medio avrà la funzione di contro-pinzare
la cocca. Il più sottoposto a sforzo sarà
l'anulare; dovrà tenere, insieme alle altre
due dita, la corda ma soprattutto subirà, nella
fase di rilascio, lo sfregamento più forte.
Quando la fase d'aggancio sarà completata,
si posizionerà anche il gomito. Per mantenere
la mano che incocca nella giusta posizione, il gomito
dovrà essere portato all'altezza dell'orecchio,
così da permettere nel rilascio l'allungamento
del braccio di tensione e nello stesso istante il
rilassamento delle dita. Si eviterà così
di pizzicare la corda e la si lascerà partire
fluida, diminuendo così lo sbandamento della
freccia.
Ricordate quando, nella
misurazione dell'arco, abbiamo aggiunto la misura
mento-nuca? Nel rilascio dalla posizione di ancoraggio,
nel momento della scoccata, il gomito trascinerà
la mano nello stesso istante in cui rilasseremo le
dita per permettere la partenza della freccia.
Questo movimento sarà
reso molto fluido se lasceremo che la mano scorra
sotto lo zigomo, in modo da avere addirittura un binario
di scorrimento che permetterà di dare un ulteriore
aumento della tensione nell'attimo in cui l'arco sarà
al massimo; la velocità dell'azione non avrà
effetti dannosi sull'arco.
QUANDO L'ARCIERE
ENTRA NELL'ARCO.
Il termine "tendere
l'arco" non è corretto. Sarebbe opportuno
dire "piegare l'arco e tendere la corda".
E' la corda tesa che spinge la freccia e l'arco che
la richiama. Con questa tecnica l'apertura di un arco
potente risulta più facile. L'espressione inglese
"tirare dentro l'arco" (to
shoot in a longbow) non è un modo di dire,
è il vero concetto di caricamento.
Come avviene?
Nel momento in cui l'arciere
decide di effettuare il tiro, spinge in avanti con
la mano che impugna l'arco, e, subito dopo, comincia
a far trazione sulla corda. Si accorgerà così
che l'arco oppone una resistenza molto più
fluida, senza perdere in potenza. Con questo movimento
l'arciere, per poter spingere in avanti l'arco dovrà,
senza rendersene conto, entrare con forza dentro la
curvatura dell'arco; l'incavo della mano serrerà
l'impugnatura chiusa tra le quattro dita e il pollice,
iniziando così la spinta in avanti. Al punto
massimo di tensione, l'arciere si accorgerà
di una cosa incredibile, se il movimento sarà
stato effettuato in modo corretto; avrà la
sensazione netta di sentire l'impugnatura piegarsi.
Questo significherà
che finalmente la nostra forza si potrà esprimere
totalmente e interamente nell'arco. Ci accorgeremo,
dopo numerosi tentativi, che più piegheremo
e tenderemo, più lo faremo lentamente, per
avere questa sensazione e sfruttare al meglio il momento
ideale. E' un attimo, ma quando arriveremo all'aggancio
sentiremo, per la durata di un lampo, la forza dell'arco
annullarsi.
Sarà l'attimo
dell'annullamento totale della tensione, l'attimo
della scoccata!
Ricapitoliamo ora la
sequenza per la corretta esecuzione di tutti i movimenti:
- alziamo
l'arco fino all'altezza delle tempie, spostandolo
sul lato destro e tenendolo inclinato di qualche
grado
- il
braccio che sorregge l'arco dovrà essere
piegato, cosicché, quando spingeremo, basterà
raddrizzarlo in avanti, portandolo in linea con
la direzione del bersaglio da colpire
- nel
frattempo la mano di tensione arriverà all'ancoraggio
- questo
movimento farà sì che il busto dell'arciere
venga portato in avanti e sul fianco, creando un
arco opposto all'arco
- la
spalla dell'arciere sarà bassa e, ad arco
completamente teso, bloccata; il gomito di tensione
sarà alto.
Se a tutto ciò
uniremo il modo corretto di scoccare avremo concentrato
nella freccia un'enorme energia, la massima che il
nostro potente arco è in grado di esprimere.
P.S. Non disponiamo,
ad oggi, di nessuno scritto del periodo medievale
che tratti della tecnica di tiro sopra illustrata.
L'unico testo che a mio avviso si avvicina molto a
questa tecnica è il libro scritto da Roger
Ascham (1515-1568) e pubblicato per la prima volta
a Londra nel 1545. Dal 1999 è disponibile una
traduzione effettuata da Stefano Benni (Toxophilus
- La scuola di tiro, Edizioni Greentime Spa,
Bologna). Ne consiglio la lettura (non disgiunta dalla
pratica di tiro) se si vuole approfondire l'argomento,
non dimenticando quanto lo stesso autore scrive (pag.
62), più di cento anni dopo la fine della Guerra
dei Cent'anni: "la peculiarità del
tempo e le cure per la sopravvivenza, sono i motivi
per i quali così pochi tirano, come puoi vedere
in questa grande città (Londra n.d.r.)
dove, su mille uomini fisicamente abili, a mala
pena dieci praticano seriamente il tiro".
Tenendo infine anche ben presente quanto sostiene
a pag. 43: "Gli uomini che praticarono più
assiduamente il tiro e che meglio lo conobbero, non
furono degli eruditi (cioè erano analfabeti,
n.d.r.), quelli che invece furono eruditi praticarono
poco il tiro, ed ignorarono la natura dell'argomento;
perciò ben pochi uomini sarebbero stati capaci
di scrivere su quest'argomento".
Gennaio 2006