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Gli
avvenimenti storici che sono oggetto del nostro interesse
e della nostra curiosità vedevano protagonisti
uomini e donne di tutte le classi sociali. Solo alcuni
di loro andavano in guerra, solo alcuni di loro usavano
l'arco. Tutti però, spesso, condividevano gli
stessi conflitti, le stesse gioie, in guerra ed in pace.
Questa volta tenteremo di gettare uno sguardo nella
vita di tutti i giorni dell'Inghilterra medioevale.
Quanto leggerete è tratto da: The Book of Archery
di George Agar Hansard - Londra - 1841.
ARCO
DI GUERRA ED ARCO DI PACE
Nel
corso del regno di Howel Dha, il suono di un corno
o di una tromba portata da un araldo, chiamava i guerrieri
alla battaglia. Ma sembra che i gallesi adottassero
uno schema molto più antico, ugualmente raffinato
per la sua efficacia, la sua eleganza e la sua semplicità.
Questo non viene descritto con precisione in alcuna
composizione di prosa o poetica; eppure si possono
spesso riconoscere nei proverbi del popolo gallese
le tracce di abitudini antiche, oggi fuori moda. Lewis
(o Glynn), alludendo ad un editto dice così:
"Venne
inviato un arco attraverso tutta le Britannia".
E
in alcuni remoti distretti del Galles del nord, dove
ancora prevalgono i modi di pensare e di agire molto
primitivi, gli abitanti così raccomandano il
sentiero diritto per una scelta retta:
"Andare
lungo l'arco della pace"
Qui,
per mezzo dell'uso di una metafora altamente poetica
e raffinata, il sentiero è paragonato ad un
arco non incordato. La conclusione naturale che può
essere tratta da queste due espressioni proverbiali
è che le diverse condizioni di quest'arma erano
simbolicamente espressioni di pace o di guerra. Se
vi era la minaccia di un'aggressione del nemico, un
veloce messaggero percorreva il paese, portando un
arco teso; un segnale che nessuno osava trascurare.
Quando la pace di nuovo stendeva il suo ramo d'ulivo
venivano comunicate, tramite la stessa arma non incordata,
le gioiose notizie.
Si
udì il suono del nemico che arrivava,
venne inviato un arco incordato per tutta la Britannia,
ed una voce venne riversata lontano dai liberi venti,
mentre il paese si levò in piedi al segnale
di guerra.
"Non
senti tu il corno di battaglia?
Mietitore, lascia il grano dorato!
Lascialo agli uccelli del paradiso,
le spade devono lampeggiare, gli scudi spezzati!
Lascia che i venti lo disperdano,
àrmati, prima che l'erba della Britannia diventi
rossa."
Ed il mietitore si armò come il figlio di un
uomo libero,
l'arco incordato e la voce circolarono.
"Cacciatore,
lascia l'inseguimento sulle montagne,
prendi la spada dal suo posto;
lascia per oggi che il lupo vada libero,
lascialo per una preda più nobile!
Lascia che il cervo inceda maestosamente non infastidito,
àrmati - i nemici della Britannia sono vicini!"
Ed il cacciatore si armò prima che l'inseguimento
fosse finito,
e l'arco incordato e la voce circolarono.
"Condottiero,
lascia la festa gioiosa!
non restare, aspettando la fine delle canzoni,
anche se l'idromele spumeggia gioioso,
anche se i fuochi danno una rossa luce,
lascia il focolare, lascia il castello.
Àrmati, i nemici della Britannia devono morire."
Il condottiero si armò, ed il corno venne suonato,
e l'arco incordato e la voce circolarono.
"Principe,
le gesta di tuo padre sono state raccontate,
nella capanna e nella fortezza,
dove i versi vengono cantati,
dove l'arpa del menestrello viene accordata!
I nemici sono sul tuo natio mare!
Dai ai nostri bardi una tua storia!"
Ed il principe venne armato, come il figlio di un
capo,
e l'arco incordato e la voce circolarono.
"Madre,
non trattenere il tuo ragazzo!
deve imparare il gioco della battaglia.
Sorella, prendi la spada e la lancia,
offri a tuo fratello parole di incoraggiamento!
Fanciulla, dì al tuo amante,
la Britannia chiama i forti di cuore."
E l'arco incordato e la voce circolarono;
ed i bardi composero un canto per la battaglia vinta.
LA
COLAZIONE DELLO SCERIFFO
Il
tiro con l'arco aveva anche un posto tra i festeggiamenti
che seguivano l'elezione degli ufficiali civici; un
documento molto antico fornisce la seguente descrizione
di ciò che uno scrittore bizzarramente definisce
"La Colazione dello Sceriffo."
"Vi è un'abitudine antica nella città
di Chester, l'origine della quale è oggi ignota.
Il lunedì di Pasqua, ogni anno, giorno comunemente
chiamato Lunedì nero, i due sceriffi della
città devono tirare per una colazione a base
di testa di vitello e pancetta, comunemente chiamata
la colazione dello sceriffo. Queste sono le modalità
con le quali si svolge. Il giorno prima, il tamburo
risuona in tutta la città con un bando per
i gentiluomini, gli agricoltori e le persone per bene
affinché vengano con
il loro arco e le loro frecce per schierarsi con uno
sceriffo o con l'altro. Il lunedì mattina,
il giorno della Croce, presenti il sindaco, i confessori,
gli assessori e gli altri gentiluomini della città,
il primo sceriffo ne sceglie uno, il secondo un altro
e così per tutti gli arcieri. Quindi uno sceriffo
tira e poi tira l'altro; il bersaglio è a 240
iarde. Così continuano, sinché tre frecce
colpiscono il bersaglio. Quindi la parte vincente
avanza, tutti insieme e per primi con le frecce in
mano e con loro tutti i perdenti con l'arco in mano,
verso la Sala del Consiglio
Comunale. Qui il sindaco, gli assessori, i gentiluomini
e tutti gli altri presenti prendono parte alla colazione
in modo amichevole. Questa cerimonia si svolge ogni
anno; è un esercizio lodevole, un ottimo svago
ed una riunione amichevole. Esisteva una volta in
questa città un'altra curiosa regola. Tutti
gli uomini che si maritavano il martedì di
Quinquagesima dovevano consegnare all'Associazione
dei Negozianti di Tessuti, alla presenza del sindaco,
una freccia d'argento del valore di cinque scellini
od oltre, anziché il pallone di seta e velluto
che erano abituati a regalare da tempo immemorabile
secondo le antiche usanze della città di Chester.
La freccia veniva donata dalle autorità come
premio per l'incoraggiamento del tiro con il longbow."
UN
GOFFO DRAPPELLO DI ARCIERI
Io
non immagino nient'altro di vantaggioso per il giovane
arciere che possa essere aggiunto alle precedenti
istruzioni, schiette e semplici. I suoi primi tentativi,
necessariamente forzati e goffi, possono provocare
l'ilarità di quei compagni che sono consapevoli
della loro superiore abilità. Che non tenga
conto delle loro risa; il suo motto sia "nil
desperandum", e alcune settimane di esercizio
assiduo lo qualificheranno a ridere degli altri.
Siamo tutti passati attraverso questa dura prova.
Il più capriccioso di noi non mostrerà
mai un decimo della ridicola, grottesca goffaggine
che Ascham addebita alla "sfrontata classe dei
proprietari terrieri" che frequentavano i terreni
di tiro nel corso dei giorni più trionfanti
del tiro con l'arco in Inghilterra. Poiché
il Toxophilus non è in mano a ciascuno di noi,
citerò una parte di questo per la consolazione
del lettore. Sentitelo quando descrive la sua goffa
squadra di arcieri.
"Tutte le scomodità che le cattive abitudini
avevano trasmesso agli arcieri non possono essere
né velocemente scalzate e nemmeno da me enumerate,
tante esse sono. Uno lancia la testa in avanti, come
se volesse morsicare il bersaglio: l'altro sgrana
gli occhi come se dovessero volar via: un altro strizza
un occhio e guarda con l'altro: alcuni fanno una strana
faccia storcendo la bocca, .....: un altro caccia
fuori la lingua: un altro si morsica le labbra: un
altro tiene il collo
indietro.
Quando tendono, alcuni si piegano come un compasso,
come se dovessero girarsi e benedire tutto il prato:
altri tengono la mano alta, cosicché non si
riesce a comprendere verso dove vogliano tirare: un
altro agita la parte superiore dell'arco da un lato
e l'altra dall'altro: un altro sta fisso puntando
la freccia al bersaglio per un bel po' e tra breve
si darà una frustata.....: un altro ingaggia
una tale lotta con il suo equipaggiamento come se
non fosse più in grado di tirare fino a quando
vivrà: un altro tende con delicatezza fino
a metà allungo, tra breve mollerà e
voi non siete in grado di dire come ha fatto: un altro
tende con la freccia bassa al petto, come se volesse
tirare ad un bersaglio casuale e tra breve lancerà
il braccio verso l'alto...: un altro torce la schiena
come se un uomo lo pizzicasse da dietro: un altro
abbassa le natiche e le fa sporgere come se dovesse
tirare ai corvi: un altro mette la gamba sinistra
in avanti e si tira indietro con la testa e le spalle,
come se dovesse tirare una fune, oppure avesse paura
del bersaglio: un altro tende bene la freccia, fino
a due dita dalla punta, quindi sta fermo per un po',
per guardare il bersaglio e, fatto questo, tende fino
alla punta e scocca; questo modo di tirare, quantunque
usato da alcuni eccellenti arcieri, è sicuramente
imperfetto .....alcuni tirano troppo lontano, altri
troppo vicino, alcuni troppo lentamente, altri troppo
velocemente, alcuni tendono troppo a lungo, altri
lasciano
troppo presto, alcuni fissano la freccia nel terreno
e e la prendono dall'alto, altri la puntano verso
il cielo e così la prendono dal basso. Fu visto
un uomo col parabracci sulla guancia, un altro che
si era graffiato tutta la pelle su un lato del viso
con la mano di tiro: un altro, io vidi, che, ad ogni
tiro, dopo il rilascio, alzava la gamba sinistra così
in alto che correva sempre il rischio di cadere; alcuni
fanno un saltino in avanti, altri balzano indietro.
Tutti questi difetti sono presenti sia nel momento
della tensione che in quello della scoccata; insieme
a moltissimi altri, che voi potete facilmente percepire
e quindi mettervi a lavorare per evitarli. Successivamente,
dopo che la freccia è partita, gli uomini commettono
molti errori, ai quali li hanno portati le cattive
abitudini, ed in modo particolare gridare dopo aver
scagliato la freccia e profferire parole poco veritiere
per un tale rispettabile passatempo. Alcune parole
sono veramente il simbolo di una mente malata e manifestano
i segni di un uomo che è soggetto ad emozioni
smisurate. Le orecchie degli uomini virtuosi devono
aborrirle ed un uomo onesto le eviterà.
E, oltre a quelli che necessitano del movimento della
lingua, altri uomini hanno altri difetti. Alcuni,
quando prendono l'arco, lo torcono e lo strappano
nel tendere la corda quando vogliono scagliare la
freccia lontano, come se tirassero un carro. Alcuni
fanno due o tre passi in avanti, danzando e saltando
dopo la scoccata, per tutto il tempo del volo, come
se fossero pazzi. Alcuni, che hanno paura di aver
scagliato troppo lontano, corrono indietro, come per
tirare indietro la freccia: un altro corre in avanti
quando teme di essere stato corto, alzando le braccia,
come se volesse aiutare il volo della freccia.
Un altro si contorce o corre di lato per raddrizzare
il volo della freccia. Uno solleva il tallone ed alcuni
tengono su il piede fino a che la freccia è
in volo. Un altro getta indietro il braccio dopo il
rilascio: un altro fa ruotare l'arco sopra il capo,
come se avesse in mano un bastone, per farsi spazio
nel luogo dove si svolge la gara; e vi sono molti
altri difetti che ora non mi vengono in mente.
Ora
immagina un arciere che è immune da tutti questi
difetti ed io sono sicuro che ogni uomo sarebbe lietissimo
nel vederlo tirare.
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