Brani tratti da l'Iliade, Edizione Grandi Tascabili Economici Newton 1997, I Mammut , n. 54 a cura di Mario Giammarco, edizione integrale con testo a fronte
VIII, LA BATTAGLIA INTERROTTA, 261-336
Dietro di lui i due Atridi Agamennone e Menelao, subito dopo gli Aiaci, animati da forza impetuosa, quindi Idomeneo, Merione d'Idomeneo scudiero, ch'era pari ad Enialao sterminatore e, dopo questi Euripilo, il figlio fiorente d'Evemone; nono poi venne Teucro, il flessibile arco tendendo e dietro lo scudo ristette d'Aiace Telamonide.
Dunque Aiace scostava lo scudo; e lui Teucro, guardando intorno, appena saettando colpiva un nemico tra il folto esercito e quello cadendo aveva perduto la vita, ritornava al riparo, qual bimbo dietro la madre , da Aiace: e lo celava costui con lo scudo lucente.
Chi allora tra i Troiani per primo il nobile Teucro uccise? Orsiloco prima, Ormeno poi e Ofeleste e Daitore e Cromio, Licofonte simile a un dio, il Poliemonide Amopaone e Melanippo. Uno dopo l'altro tutti abbattè sulla terra feconda. Gioì il signore di genti Agamennone nel vedere che schiere di Troiani abbatteva col solido arco: e andando da lui, accanto gli stette e così gli parlava: “O Teucro Telamonio a me caro, signore di genti, tira così, che possa essere ai Danai una luce e al padre tuo Telamone che ti allevò da bambino e te, pure se spurio, portò egli nella sua casa; accrescine tu la gloria, benché egli sia lontano. Ecco ciò che ti dico e questo avrà compimento. Se mi concederanno Zeus egioco e Atena di atterrare la rocca ben costruita di Ilio, a te porrò in mano per primo il premio miglior dopo il mio, o un tripode o due cavalli con tutto il cocchio o una donna che salga con te nel medesimo letto”.
Ed a lui rispondendo il nobile Teucro disse: “Atride glorioso, perché mi sproni, giacché da me stesso in ciò m'adopro? Di certo fin quando la forza m'assiste io non desisto, e da quando verso Ilio iniziammo a respingere quelli, da allora appostato con l'arco uccido nemici. Già otto frecce avventai dalla lunga punta affilata, e tutte nel copro s'infissero a giovani agili in lotta: costui però, questo cane rabbioso, non riesco a colpire ”.
Così disse, ed un'altra freccia scagliava dal nervo su Ettore, ed in cuore d'ucciderlo era bramoso: Invece lo sbagliò e colpì nel petto col dardo il nobile Gorgotione , di Priamo figlio animoso cui fu madre, tratta a nozze da Esima, la bella Castianira che di personale era uguale alle dee. Come nell'orto il papavero il capo reclina da un lato appesantito dai semi o da piogge primaverili; così piegò quello da un lato il capo gravato dall'elmo. E Teucro un'altra saetta dal nervo dell'arco avventava puntando Ettore, e in cuore d'ucciderlo era bramoso. Ma egli anche allora sbagliò; fu Apollo infatti a deviarla; ma in petto colpì Archeoptolemo, d'Ettore auriga animoso, vicino a una mammella, mentr'egli entrava in battaglia. Cadde fuori dal carro, balzarono indietro i cavalli rapidi e lì la sua vita si spense con il suo vigore . Fiero dolor per l'auriga l'animo d'Ettore invase ma, pur dolente per il compagno, dovette lasciarlo e Cebrione chiamò, un fratello che gli era vicino, a prendere dei cavalli le briglie; egli udendo obbediva. Ed Ettore a terra balzò giù dal carro tutto lucente con un terribile grido; poi prese in mano un gran sasso, mosse diritto su Teucro, e il suo cuore bramava colpirlo. Teucro dalla faretra allor trasse un'amara saetta e la fermò sul nervo; ma Ettore elmo-ondeggiante lui che il nervo traeva alla spalla, là dove divide la clavicola il collo dal petto, un punto mortale, colpì col sasso angoloso, mentr'era preso di mira il nervo spezzò: la mano si intorbidì presso il polso; restò in ginocchio cadendo e l'arco gli cadde di mano. Ma del fratello caduto Aiace ebbe subito cura, a difenderlo accorse e nel grande scudo lo accolse . Poi due compagni assai cari, postoselo sulle spalle, Mecisteo, figlio d'Echio e con lui Alastore illustre, lo portavan, che cupo gemeva, alle concavi navi.
XV, RITIRATA DALLE NAVI, 435-489
N'ebbe un brivido Aiace e si volse a dire al fratello: “ Teucro caro, ecco ucciso ci hanno un compagno fedele, il figlio di Mastore, che da Citera venne da noi e al pari dei genitori in casa onoravamo: l'ha ucciso il magnanimo Ettore. Dov'hai le frecce che danno rapida morte e l'arco ricurvo in mano e la faretra, custodia di frecce: e fulminei strali lanciava egli contro i Troiani.
Dunque Clito colpì, di Pisenore il fulgido figlio, compagno di Polidamante, il magnifico figlio di Pantoo, che in mano reggeva le briglie: attento egli era ai cavalli; ché proprio là li guidava ove molto più fitte le schiere lottavano, per compiacere Ettore e i Teucri: fulmineo gli giunse il guaio, che nessuno stornare potè fra coloro che pur lo volevano; il dardo luttuoso gli entrò da dietro nel collo : cadde dal carro, e balzarono indietro i cavalli facendo rumore col carro vuoto.
All'istante ciò vide il nobile Polidamante e per primo andò innanzi ai cavalli egli ad Astinoo li diè, di Protaone figlio, e a lui molto raccomandava che glieli tenesse vicino guardandolo; egli poi ritornò a combattere in prima fila.
E un altro strale afferrò contro Ettore armato di bronzo Teucro, e la lotta alle navi achee egli avrebbe conclusa se ucciso l'avesse, colpendo lui ch'era il più forte in battaglia; ma se ne accorse la saggia mente di Zeus che protesse Ettore, e al Telamonio Teucro tolse tal vanto; Egli, a lui che tirava su Ettore, il nervo ben torto dell'infallibile arco spezzò, e altrove la freccia grave di bronzo deviò e l'arco gli cadde di mano. Ebbe un brivido Teucro e si volse a dire al fratello: “Ahimé, certo un dio vanifica i nostri piani di lotta, l'arco mi ha fatto cadere di mano e mi ha spezzato il nervo, ritorto di fresco, che io v'ho legato stamani, affinché resistesse ad un lancio frequente di frecce ”.
E gli rispose allora il gran Telamonio Aiace: “ Ma caro, l'arco e le molte saette tu lasciali stare, giacché te li rese vani un nume ostile agli Achei ; l'asta lunga ponendoti in mano e lo scudo sugli omeri, con i Teucri combatti ed incita gli altri guerrieri. Che non senza sforzo prendano, quando pur ci abbiano vinti, le navi dai solidi banchi: ma su, pensiamo alla lotta!”.
Ciò disse, e quello ripose l'arco dentro la tenda, poi sulle spalle si mise lo scudo con quattro strati di cuoio e sul capo gagliardo fermò un elmetto chiomato ben fatto; in esso il cimiero ondeggiava in alto pauroso; la salda lancia afferrò con il bronzo aguzzo appuntita, s'avviò e correndo molto veloce fu accanto ad Aiace.
Ettore, quando vide annullate le frecce di Teucro, i Troiani ed i Lici esortava gridando a gran voce: “O Teucri e Lici e Dardani abili nel corpo a corpo, siate uomini, o cari, il bellico ardor ricordate tra le concave navi; perché con i miei stessi occhi ho visto annientare da Zeus le frecce d'un sommo guerriero .
XXIII, I GIOCHI IN ONORE DI PATROCLO, 850-883
Poi per gli arcieri Achille propose del ferro brunito e mise a terra dieci dipenni e dieci scuri. Un albero fece rizzare di nave cerulea-prora lontan dalla sabbia e, in alto, legarvi con fune sottile da un piede una tremante colomba; e invitava a colpirla con le frecce: “E chi colpirà la tremante colomba le bipenni prendendo, tutte a casa le porti; chi la funicella invece colpisca mancando l'uccello certo sarà meno bravo, e si porterà le scuri”.
Disse così, s'alzo quindi Teucro, il gagliardo sovrano, poi sorse Merione, il forte scudiero d'Idomeneo. In un elmo di bronzo agitaron le sorti da estrarre e Teucro uscì a sorte per primo: e una freccia con forza subito fece partire; ma non promise ad Apollo d'offrirgli di primi-nati agnelli una bella ecatombe; quindi sbagliò la colomba; il dio gl'impedì di colpirla: colpì presso il piede lo spago dov'era legato l'uccello. Lo strale acuto tagliò nettamente lo spago. Allor via verso il cielo balzò la colomba, e la funicella spenzolò verso terra; levaron un grido gli Achei.
In fretta allora Merione di mano gli strappò l'arco poiché, mentre l'altro tirava, teneva già pronta una freccia. Subito egli promise ad Apollo lungisaettante d'offrirgli di primi-nati agnelli una bella ecatombe. La trepida colomba vide alta sotto le nubi; e, mentre volava lì, sotto l'ala nel mezzo la colse e dritto la trapassò lo strale: esso subito a terra infisso innanzi ai piedi restò di Merione; l'uccello sull'albero posò della nave cerulea-prora, lasciò ricadere il collo, sbatté fitte insieme le ali. Subito volò via dal corpo la vita, e lontano cadde dal palo; e la gente guardando rimase stupita. Allora Merione si prese tutte le dieci bipenni, riportò invece Teucro alle concave navi le scuri.